Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo magnifico nel Campidoglio con trono.
 
 ALESSANDRO, SALLUSTIA, MARZIANO, CLAUDIO, popoli, soldati, eccetera
 
 CORO
 
    Viva, viva il nostro augusto,
 viva il lauro alla sua chioma.
 
    Viva il grande, il forte, il giusto.
 Viva il cesare di Roma. (Alessandro, presa per mano Sallustia, va a sedere sul trono)
 
 MARZIANO
5Il giorno fortunato, in cui l’impero,
 più che i voti di Roma, il ciel ti diede,
 ecco fausto ritorna.
 Piaccia agli dii serbarci un sì gran bene
 e serbarcelo eterno.
 ALESSANDRO
10Nei vostri voti il vostro amor discerno.
 Marziano, a la plebe oro si sparga,
 dividasi a’ soldati.
 Claudio, fa’ che nel circo
 spettacolo si appresti, ove non sia
15sanguinosa la pompa, empio il diletto;
 e se di stragi è vago,
 il popolo roman venga a mirarle
 a l’Eufrate ed al Tigri. Ivi del Parto
 convien che per noi resti
20l’odio punito e l’alterigia doma.
 CORO
 
    Viva, viva il nostro augusto,
 viva il cesare di Roma.
 
 SALLUSTIA
 Quanto a le glorie tue giubila il core.
 ALESSANDRO
 Cara. Adempiasi, Claudio,
25ciò che imposi.
 CLAUDIO
                               Ubbidisco.
 ALESSANDRO
 Romani, il sangue illustre, i fregi eccelsi,
 l’amor mio, la sua fé, l’augusta figlia
 Marziano fan degno
 che il vostro imperador gli dia l’impero
30su l’armi nostre.
 MARZIANO
                                 A me, signore?
 SALLUSTIA
                                                               Al padre?
 CLAUDIO
 Pronto, o signor...
 ALESSANDRO
                                   Ti accosta.
 MARZIANO
                                                        Ossequioso (S’inginocchia a’ piè del trono e bacia la mano di Alessandro)
 bacio tua destra.
 ALESSANDRO
                                 Al militar comando
 ti scelgo, o prode. Il campo, (Gli dà il bastone in segno del grado conferitogli)
 te duce, al nuovo giorno
35contra il Parto feroce
 spieghi l’aquile altere.
 Per te col lauro augusto
 mi verdeggin sul crin palme guerriere.
 MARZIANO
 
    L’Eufrate, l’Oronte
40l’altera sua fronte
 al Tebro guerriero
 umil piegherà.
 
    Sul Tigri sconfitto
 il nome e l’impero
45di cesare invitto
 per me regnerà. (Parte)
 
 CLAUDIO
 Nunzio del re de’ Parti or giunse al Tebro;
 e chiede espor...
 ALESSANDRO
                                 Si ascolti.
 
 SCENA II
 
 GIULIA e li suddetti
 
 GIULIA
 De la pubblica gioia
50venga anche Giulia a parte...
 ALESSANDRO
                                                      O madre, il trono... (In atto di scender dal trono)
 GIULIA
 No no, l’empie abbastanza
 l’inclita sposa. Io te la diedi e godo
 che un suo sguardo mi onori
 da l’altezza del trono, ov’io la posi.
55Io tra la bassa plebe,
 qual femmina volgar, confusa e mista,
 udirò con piacere i vostri applausi,
 mirerò con diletto i vostri amori.
 Io darò al nuovo duce ossequio e lode.
60Voi senza me risponderete al Parto.
 Voi senza me darete
 a l’Ausonia, a la terra
 il destin de la pace e de la guerra. (Sallustia e Alessandro scendono dal trono)
 ALESSANDRO
 Del Parto ad altro tempo
65s’odano i voti.
 CLAUDIO
                             Il cenno
 vado a recarne. (Parte)
 SALLUSTIA
                                Augusta Giulia, io leggo
 ne’ turbati tuoi lumi...
 GIULIA
                                           Han questi lumi
 tutto il piacer di tua fortuna. Io lieta
 là ti vidi seder dov’io sedea.
 SALLUSTIA
70Lo sposo...
 GIULIA
                      A che discolpe? Io son la rea,
 io che un sì chiaro giorno
 venni a turbar...
 ALESSANDRO
                                 Di miglior luce adorno
 per te mi sfavillò su le pupille.
 Primo amor di Alessandro, o madre, sei.
 GIULIA
75La sposa, che ti diedi, amar sol dei.
 SALLUSTIA
 Augusta, è tuo favor la mia grandezza.
 GIULIA
 Va’, segui il tuo Alessandro e l’accarezza.
 SALLUSTIA
 
    Esser cara al mio diletto
 vo’ per fé, non per beltà.
 
 ALESSANDRO
 
80   Amo in lei vezzoso aspetto
 ma più ancor salda onestà.
 
 SALLUSTIA
 
    Caro sposo,
 se sì puro è il nostro affetto,
 chiaro e bello nel tuo petto
85e nel mio divamperà.
 
 SCENA III
 
 GIULIA
 
 GIULIA
 Giulia non son, non madre e non augusta,
 s’oggi dal crine altero
 non ti strappo il diadema e nol calpesto,
 ingratissima donna,
90basso e fosco vapor, dai raggi alzato
 di benefico sol, ma che ben tosto
 cadrai disfatto in pioggia e sciolto in nebbia.
 Oggi vedrai, superba,
 vedrai, qual Giulia sia
95e se avrà più potere
 o l’amor di Alessandro o l’ira mia.
 
    Sdegno, ingegno, affetti, inganni,
 tutti a’ danni io vi voglio
 di una perfida beltà.
 
100   Sono augusta; e a’ piè del soglio
 oltraggiato, disprezzato,
 la superba piangerà.
 
 SCENA IV
 
 Tesoreria imperiale.
 
 ALBINA in abito di uomo
 
 ALBINA
 
    Chi sa dirti, o core amante,
 se quel bel, per cui sospiri,
105sia spergiuro o sia costante?
 
 Claudio, già sono in Roma
 e voglio la tua fede a me giurata
 o i tuoi spergiuri io punirò di morte.
 Femmina son; ma son romana ancora;
110e risoluto amor mi fa più forte.
 
 SCENA V
 
 SALLUSTIA e la suddetta
 
 ALBINA
 O de l’alta tua sorte
 ben degna sposa, ecco al tuo piè s’inchina...
 SALLUSTIA
 Qual sembiante? Qual voce?
 ALBINA
 La sfortunata, a te ben nota, Albina.
 SALLUSTIA
115Albina, amica... E quando in Roma e come
 sotto ammanto viril?
 ALBINA
                                         T’apro il mio core.
 Sai ch’io sono a Sulpicio,
 che proconsolo regge
 la vassalla Sicilia, unica figlia.
120In quell’età, dove sovente amore
 l’incaute giovanette
 prende a’ suoi lacci e di sue fiamme accende,
 vidi Claudio e l’amai.
 SALLUSTIA
                                          Claudio mi è noto.
 ALBINA
 Ei pur mi amò. Fede giurommi. Il padre
125intese i nostri affetti e piacer n’ebbe.
 Un cesareo comando
 tutto turbò. De la Sicilia eletto
 fu proconsolo il padre. A me convenne
 seguirlo e lasciar Claudio, ahi! con qual pena!
130Mutai cielo e fortuna.
 Colà dal genitore
 mi fu scelto altro sposo.
 Piansi; pregai; mi opposi;
 tutto fu invano. A l’imeneo funesto
135non trovando altro scampo,
 lo cercai ne la fuga.
 Nome e sesso mentii. Mar, piano e monte
 varcai; cotanto ardita amor mi fece.
 Giungo al Tebro; entro in Roma;
140e di Claudio non cerco;
 cerco di augusta al piè, china e prostesa,
 la mia pace, il mio ben, la mia difesa.
 SALLUSTIA
 E qual chiedi l’avrai. Claudio ti è fido?
 ALBINA
 Un anno di costanza
145in uom si può sperar? Scrissi; spedii;
 non badò a messi; non rispose a fogli.
 SALLUSTIA
 Ma se ’l trovi infedel, tu che far pensi?
 ALBINA
 Racquistarlo o punirlo.
 Deh! Finch’io sia contenta o vendicata,
150chiudi in te il mio destin, taci il mio sesso.
 Amor, rischio ed onor così richiede.
 SALLUSTIA
 Giuro un sacro silenzio a la tua fede.
 ALBINA
 
    Non vo’ che un infedele
 si vanti de’ miei pianti
155e scherzi al mio martoro.
 
    D’ira e di ferro armata,
 saprò quell’alma ingrata
 punir, se ben l’adoro.
 
 SCENA VI
 
 ALESSANDRO con seguito, CLAUDIO e SALLUSTIA
 
 ALESSANDRO
 Le suppliche vassalle
160qui son raccolte. È padre
 de’ popoli il regnante.
 Quel giorno, in cui non sono
 o benefico o giusto,
 da’ miei fasti si escluda. Io l’ho perduto. (Va a sedere al tavolino)
 SALLUSTIA
165Te del genere umano
 la delizia e l’amor chiaman le genti.
 ALESSANDRO
 E tu, Sallustia, sei
 la delizia e l’amor del tuo Alessandro.
 Al mio fianco ti assidi.
 SALLUSTIA
                                            Amato sposo.
 ALESSANDRO
170Alle scarse ricolte, onde la fame
 preme l’itale terre,
 la Sicilia provvegga
 ma col pubblico erario.
 SALLUSTIA
 Clemente e generoso.
 CLAUDIO
175Tra l’armi a Pompeiano
 e sotto l’elmo incanutì la fronte.
 Chiede riposo.
 ALESSANDRO
                              E l’abbia e doppio goda
 il militar stipendio.
 SALLUSTIA
 Mercede al suo valor, sprone a l’altrui.
 ALESSANDRO
180Claudio, questo è tuo foglio. A me che chiedi?
 CLAUDIO
 Partir di Roma al nuovo sol col campo.
 Desio di gloria ivi mi chiama a l’armi.
 SALLUSTIA
 Claudio, tua fé mi è cara. Anche sul Tebro,
 da chi a cesare è fido, onor si acquista.
185Resti in Roma. Io ten priego. (Ad Alessandro)
 (Così servo ad Albina).
 ALESSANDRO
 Seguasi il tuo voler. Claudio, ti eleggo
 duce de’ miei custodi.
 CLAUDIO
 Mi onora il grado. (Sofferenza, o core.
190È pago il fasto ed io volea l’onore).
 
 SCENA VII
 
 GIULIA con foglio in mano e detti
 
 GIULIA
 Da un benefico augusto
 e da un figlio amoroso
 anche tenera madre
 spera grazie e le implora.
 ALESSANDRO
195La madre le comanda e non le chiede.
 SALLUSTIA
 (Giulia sì umile?)
 GIULIA
                                    In questo foglio espressi
 sono i voti de l’alma. (Lo porge ad Alessandro)
 ALESSANDRO
 Saran giusti, se tuoi,
 e se tuoi, sempre cari. Io segno il foglio. (Lo sottoscrive senza leggerlo)
 SALLUSTIA
200(Ah! Lo leggesse almeno).
 ALESSANDRO
                                                  Eccolo, o madre, (Levandosi lo porge a Giulia)
 del mio nome già impresso.
 GIULIA
 Mio core e sangue mio.
 SALLUSTIA
                                             (Temo d’inganno).
 GIULIA
 Grave affar mi richiede
 qui con cesare sola.
 SALLUSTIA
205(Che sarà?) Nel lasciarti
 sento un dolor più non inteso ancora. (Ad Alessandro)
 GIULIA
 Parti. Breve sarà la mia dimora.
 
 SCENA VIII
 
 GIULIA e ALESSANDRO
 
 GIULIA
 Cesare, augusto e figlio,
 avvicinati e siedi.
 ALESSANDRO
210Te sola e te presente,
 io cesare non son; non son che figlio.
 Tu augusta sei, tu madre. E questa e quella...
 GIULIA
 Sì, la madre e l’augusta a te favella.
 Figlio. Con questo nome
215comincio a rammentarti
 ciò che mi devi. Cesare. Anche questo
 titolo è mio favor. Tal non saresti,
 s’io non era tua madre.
 Elagabalo, il mostro
220coronato di Roma,
 cesare ti creò, perché mio figlio;
 non basta. Io da l’insidie
 del tiranno crudel, sai quante volte
 ti preservai. Laccio, veleno e ferro
225minacciavan tua vita. Io la difesi.
 Cadde l’empio e tu regni.
 Questa è pur opra mia. S’ama il tuo nome;
 il tuo impero si esalta; e tutto, o figlio,
 fu di Giulia finor legge e consiglio.
 ALESSANDRO
230Il più tacesti, o madre,
 de’ benefici tuoi, la cara sposa.
 GIULIA
 Io te la diedi, il so; ma sol la diedi
 al marital tuo letto,
 non al regio mio trono; e lei mi piacque
235tua consorte veder, non mia sovrana.
 ALESSANDRO
 Di che...
 GIULIA
                   Taci. Mi ascolta e ti confondi.
 Parli prima la madre e poi rispondi.
 Son io più Giulia? O sono
 ombra di ciò che fui? Giulia il Senato,
240Giulia vedean la curia, il foro, il circo.
 Ora Sallustia è sola
 ciò che Giulia era pria. Tutto si regge
 coi voti de la moglie
 il monarca e l’impero! Ah! Figlio, figlio,
245se vuoi solo regnar, regna; io ne godo.
 Ma che un’altra mi usurpi il grado mio,
 nol soffrirò. Contenta
 cedo al figlio il poter; nol cedo a lei.
 Ella è sol mia rivale;
250e le viscere mie, figlio, tu sei.
 ALESSANDRO
 Madre, errai; non tel niego.
 Ma di errar non credei, ne la mia sposa
 troppo amando un tuo dono.
 Pur di error sì innocente
255e per essa e per me chiedo perdono.
 Deh! Placa l’ire. Il pianto
 che a’ piè ti spargo...
 GIULIA
                                        Amabil pianto. O figlio,
 il so, fosti sedotto.
 Orgoglio altrui mi ti avea tolto. Io trovo
260ancora al mio Alessandro. Ancor l’abbraccio;
 e su l’augusta fronte
 bacio ancora l’idee di quell’affetto,
 con cui tenera madre ognor mi amasti.
 ALESSANDRO
 O bontà che mi rende e trono e vita!
 GIULIA
265Ma la rea seduttrice io vo’ punita.
 Vada lungi l’altera
 dal talamo e dal soglio.
 L’amasti col mio cor; l’odia col mio.
 ALESSANDRO
 Odiar la sposa? O dio!
 GIULIA
270Sposa più non la dir. Ripudi il figlio
 chi è nemica a la madre.
 ALESSANDRO
                                               O madre! O sposa!
 GIULIA
 O la sposa o la madre abbia l’esiglio.
 O sii tutto marito o tutto figlio.
 Scrivi.
 ALESSANDRO
                Madre...
 GIULIA
                                  Su, scrivi
275sentenza di ripudio. Io tel comando.
 ALESSANDRO
 Dimmi pria che la spada
 in questo seno...
 GIULIA
                                 Eh! Scrivi.
 Spose non mancheranno
 e più illustri e più belle al regio letto.
 ALESSANDRO
280Scrivo... Ma...
 GIULIA
                            Si ubbidisca.
 ALESSANDRO
 Sal... lus... tia... più... non... sei... (Scrive)
 GIULIA
                                                             Moglie né augusta.
 Scrivi.
 ALESSANDRO
                Eh! Lacero vanne, o foglio reo. (Squarcia la carta impetuosamente)
 Son figlio, sì; ma ancora
 son cesare di Roma e sono augusto.
285Tutto deggio a la madre
 ma non mai la viltà d’esser ingiusto.
 GIULIA
 Grazie al ciel! La tua destra
 ciò che nega il tuo cor già mi concesse.
 Ripudiata è Sallustia; e tu la carta
290segnasti del ripudio.
 ALESSANDRO
                                        Io?... Quando?... O dei!
 GIULIA
 Qui tu scrivesti. Or fremi e fremi invano. (Mostrando il memoriale sottoscritto)
 Più non mi turba il tuo mal nato amore
 né ’l tuo ingiusto cordoglio.
 Questo è ’l ripudio e tu segnasti il foglio.
 
 SCENA IX
 
 ALESSANDRO e poi SALLUSTIA
 
 ALESSANDRO
295Destra rubella al cor, che mai facesti?
 Perché, perché scrivesti?
 SALLUSTIA
 Sol pur ti trovo, o caro. Io questo attesi
 fortunato momento,
 per poterti abbracciar... Ma che? Tu sfuggi
300il casto abbracciamento? E taci? E piangi?
 Forse non m’ami più? Parla. Rispondi.
 ALESSANDRO
 
    Dirò... La madre... Il foglio...
 Dal talamo... Dal soglio...
 Ah! Dirti non poss’io
305se non che sei ’l cor mio,
 dolce mia sposa.
 
    (Madre crudel,
 perché volermi tor
 moglie tanto fedel,
310tanto amorosa?)
 
 SCENA X
 
 SALLUSTIA
 
 SALLUSTIA
 E mi lascia? E non parla? E si confonde?
 Quale addio! Qual silenzio!
 Qual turbamento! Ah! Mio Alessandro, intendo;
 Giulia è cagion del tuo, del mio tormento.
315Ella qui ti sgridò, forse gelosa
 che tu più de la madre ami la sposa.
 
    Il mio vezzoso
 diletto sposo
 mi sia fedele
320e son contenta;
 
    mio sia quel core;
 e del nemico
 destin crudele
 l’ira e ’l furore
325non mi spaventa.
 
 SCENA XI
 
 Giardini.
 
 CLAUDIO e ALBINA
 
 CLAUDIO
 Tu Albina? Eh! Non è ver.
 ALBINA
                                                  Beltà, che amasti,
 così presto scordasti?
 CLAUDIO
 Di Albina le sembianze
 vivono nel mio cor; ma tu non l’hai.
 ALBINA
330Mira attento il mio volto
 che, se non l’ha trasfigurato il duolo,
 l’orme ancor ci vedrai de’ tuoi sospiri.
 CLAUDIO
 Altre chiome, altre luci avea la bella,
 altro aspetto, altro senno... Eh! Non sei quella.
 ALBINA
335Quella non son? T’intendo.
 Te incostante amator stringe altro laccio.
 Sempre nel nuovo oggetto
 ritrova l’infedel beltà maggiore.
 S’io la prima non fossi, or la più bella,
340perfido, mi diresti; e sarei quella.
 CLAUDIO
 T’inganni. Albina; il primo,
 Albina il solo amor fu di quest’alma;
 e s’io dovessi amar, fuori di lei
 altra non amerei.
 ALBINA
345Perché dunque sprezzar chi sì ti piacque?
 CLAUDIO
 Chi vuol gloria ottener, scuota d’amore
 il tirannico giogo. Io gloria cerco.
 ALBINA
 E ti par gloria, iniquo,
 mancar di fé? Di semplici donzelle
350sedur gli affetti e poi schernirli? Questi
 son del Tebro gli eroi?
 Son queste le tue glorie? I fasti tuoi?
 CLAUDIO
 Non è poca fortezza
 vincer i bassi affetti. Ho sciolto il nodo
355e di mia libertà trionfo e godo.
 ALBINA
 Godi pure e trionfa;
 ma senti; io qui non venni
 per vedermi tradita e per soffrirlo.
 Qualche momento ancora
360lascio a l’empio tuo cor, pria di punirlo.
 CLAUDIO
 
    Posso amar ma sol per poco,
 così amor non è viltà.
 
    Lunga fede è un lungo affanno.
 Servir sempre al suo tiranno
365è un obblio di libertà.
 
 SCENA XII
 
 ALBINA e SALLUSTIA
 
 ALBINA
 Misera Albina!... Augusta, io son tradita.
 Claudio non m’ama più.
 SALLUSTIA
                                               D’altra invaghito?
 ALBINA
 Il niega e lo trasporta
 di non so qual rea gloria
370giovanile desio.
 SALLUSTIA
 Non disperar. Ne’ lacci
 tornerà il prigionier. Facile acquisto
 sarà quel cor già sciolto
 a la pura tua fede, al tuo bel volto.
 ALBINA
 
375   Soffrirò; ma dar non voglio
 tanta fede a la speranza.
 
    Cor che spera ha più cordoglio,
 se tradita
 vede poi la sua costanza.
 
 SCENA XIII
 
 SALLUSTIA e GIULIA
 
 GIULIA
380Chi non ebbe alma saggia
 ne la prospera sorte
 abbia ne’ casi avversi anima forte.
 SALLUSTIA
 Augusta.
 GIULIA
                    Il cor disponi al grave colpo
 che sul capo a te pende,
385a te di Roma imperatrice e sposa.
 SALLUSTIA
 Sol tua mercé.
 GIULIA
                             Te ne abusasti, ingrata,
 e la pena or ne avrai.
 SALLUSTIA
 Ingrata? In che peccai?
 GIULIA
 Prendi e leggi, infelice, (Le dà il foglio del ripudio)
390che né sposa più sei né imperatrice.
 SALLUSTIA
 Sposa non son?
 GIULIA
                               Né augusta.
 Leggi.
 SALLUSTIA
               «Moglie ed augusta (Legge)
 più Sallustia non sia. Già la ripudio.
 Vada lungi dal Tebro;
395e ne l’Affrica adusta
 tragga miseri giorni in duro esiglio.
 Alessandro». Alessandro?
 Ripudio a me?
 GIULIA
                              Sì, a te, femmina altera,
 dà ripudio Alessandro; a te dà esiglio,
400a te non più marito, a me ancor figlio.
 La sua destra il segnò. (Le leva la sentenza di mano)
 SALLUSTIA
                                            Non il suo core,
 ch’ei deluso da te soscrisse il foglio.
 GIULIA
 E con la frode io gastigai l’orgoglio.
 Che pensavi, o superba?
405Tormi giù da quel trono, ov’io ti posi?
 E su le mie ruine
 più ferma stabilir la tua fortuna?
 Tu usurpar, con qual merto,
 le mie insegne, i miei titoli, il mio trono?
410Sola di Roma imperatrice io sono.
 SALLUSTIA
 Cadan su le mie tempia,
 non che i fulmini tuoi, quelli di Giove,
 se mai punse quest’alma amor d’impero.
 L’unico voto mio, tutto il mio fasto
415era Alessandro. Augusta,
 lasciami il mio Alessandro; altro non chiedo.
 GIULIA
 Ciò che appunto più temo, è quel che chiedi.
 Con qual’armi potesti a me far guerra
 che con l’amor del figlio?
420No no, più nol vedrai. Vanne in esiglio.
 SALLUSTIA
 Più nol vedrò?
 GIULIA
                              Già la sentenza è scritta.
 Vanne, misera, vanne
 ne le libiche arene,
 sol di mostri feconde. Ivi al mio core
425di Sallustia non fia mostro peggiore.
 
    Beltà più vezzosa,
 più tenera sposa
 ma meno superba
 al figlio darò.
 
430   Al talamo eccelso
 di augusto regnante
 un vago sembiante
 mancar mai non può.
 
 SCENA XIV
 
 SALLUSTIA e poi MARZIANO
 
 SALLUSTIA
 Qual torrente, qual turbine di mali
435m’inonda e mi rapisce? Io che poc’anzi...
 MARZIANO
 Figlia, qual ti lasciai? Qual ti ritrovo?
 SALLUSTIA
 Di mia sfortuna a te sì tosto il grido
 pervenne, o genitor?
 MARZIANO
                                         D’alto non cade
 grave mole giammai senza rimbombo.
 SALLUSTIA
440Che consigli in tal uopo?
 MARZIANO
 Ubbidir con virtù, soffrir con senno.
 SALLUSTIA
 Ne’ lievi mali, e senno e tolleranza
 serbar si ponno. I miei
 oprimono col numero e col peso.
 MARZIANO
445Tu con ossequio lusinghier procura
 vincer l’irata donna.
 SALLUSTIA
 Pria vincerò gl’indomiti leoni
 e le tigri feroci
 che quel barbaro cor.
 MARZIANO
                                         Corri a lo sposo.
 SALLUSTIA
450La madre mel divieta.
 MARZIANO
 Tempo si ottenga.
 SALLUSTIA
                                    Il dì prescritto è questo
 al mio esiglio fatal.
 MARZIANO
                                     Questo anche basta.
 Nol perderò. Lasciami, o figlia, e spera.
 SALLUSTIA
 La sorte mia troppo è spietata e fiera.
 
455   Padre, addio. Dammi un amplesso
 e ricordati di me.
 
    Poi da te, mio caro sposo,
 verrò a tor l’estremo addio,
 con la speme e col desio
460di spirar l’alma al tuo piè.
 
 SCENA XV
 
 MARZIANO
 
 MARZIANO
 Sante leggi di fede e di servaggio,
 a favor di una figlia,
 vi sciolgo e vi calpesto.
 Questa deggio al mio sangue
465forte necessità di rea difesa.
 Ciò ch’io medito è grande.
 Virtù regge l’impresa
 ed amor la consiglia.
 Oggi, oggi, sì, l’attesto,
470morirà il padre o regnerà la figlia.
 
    Ti sento, amor di padre
 che, estinto ogni altro affetto,
 divampi nel mio petto
 e tutto il vuoi per te.
 
475   Son suddito e fedele;
 ma a costo d’una figlia,
 il debito è crudele,
 sacrilega la fé.
 
 Fine dell’atto primo